Il Castello Ritrovato
di Nico Marino
Il terreno sul quale insiste il Castello Ortolani di Bordonaro è stato ipoteticamente identificato con un’antica vinea (vigna), proprietà dei Ventimiglia. Il Castello, invece, risulta essere stato costruito da Antonino Lo Duca, cefaludese, fratellastro di quel Don Antonio Duca famoso per aver fatto trasformare le Terme di Diocleziano di Roma in Chiesa di S. Maria degli Angeli.
Un’iscrizione posta su uno stemma marmoreo (scudo con in capo una corona posta sopra a tre stelle ad otto punte, ordinate 2 e 1 ), oggi all’interno del baglio, così recita:
CEPHALUDENSIS AEDIFICAVIT …
Non ci è dato di conoscere attraverso quali vie la proprietà sia poi passata alla famiglia Ortolani dalla quale è pervenuta al Comune di Cefalù.
Gabriele Ortolani, Barone di Bordonaro, Principe di Torremuzza, alla sua morte (Palermo, 1992), ha lasciato al Comune di Cefalù il baglio fortificato Mazzaforno-Settefrati prescrivendo che “dovrà in futuro essere sempre denominato Castello Ortolani di Bordonaro ” e “con la condizione inderogabile che tutto il complesso sia utilizzato e destinato a strumento di incontri culturali di carattere storico, letterario, religioso, filosofico e per impianti ricreativi …”
Tale destinazione è evidenziata dalla lapide, fatta apporre nel baglio, che così recita:
GABRIELE ORTOLANI
Gabriele Ortolani era nato nel 1907 a Palermo, città dove i genitori, Alessandro e Giovanna De Michele dei Baroni del Grano, si erano trasferiti alla fine dell’Ottocento, lasciando la residenza di Via Mandralisca in Cefalù. Storico e letterato, uomo colto e raffinato, appassionato bibliofilo amava la pittura e gli oggetti antichi, Gabriele Ortolani pubblicò saggi storici, bozzetti letterari, ed ancora ricerche di araldica ed itinerari di Palermo.
Il complesso architet- tonico facente parte del lascito Ortolani è costituito da una serie di strutture che, nel tempo, sono state aggiunte all’antica torre (forse un’antica specula romana). Esse comprendono il baglio con pozzo e piccoli magazzini, il piano nobile cui sottostanno la cantina, il trappeto ed un grande magazzino. Quest’ultimo presenta nella parete perimetrale delle interessanti feritoie.
La maestosa torre merlata, munita di gittalore e, al suo interno, di un’interessante serie di trabucchi e trabocchetti, chiude il perimetro del baglio.
Gli interni del complesso presentano alcuni curiosi percorsi che permettevano agli ospiti della casa di guadagnare la torre segretamente e in tutta fretta, quando la necessità lo rendeva indispensabile. La descrizione degli interni non può essere completa senza aver citato i due cicli di affreschi, di autore ignoto, che decorano le stanze della torre, quelle che anticamente – forse dal XIX sec. – ospitarono la Biblioteca di casa Ortolani.
Il più interessante ciclo, raffigura l’epopea garibaldina, il secondo alcune scene orientali di gusto esotico.
Al Castello è annessa la piccola chiesa, dedicata a Santa Felicita ed ai suoi sette figli martiri, la cui costruzione, forse su una preesistente Cappella, si deve a Don Paolo Signorino, Arcidiacono della Cattedrale di Cefalù, come suggerisce un’iscrizione affrescata sulla parete interna della chiesa al di sopra della porta d’ingresso:
All’interno della chiesa troviamo un’interessante loggia in legno che permetteva ai proprietari del Castello di assistere alla funzioni religiose, senza lasciare i propri appartamenti, e lo stemma della famiglia Signorino (d’azzurro con una banda d’oro, sormontata da un leone passante del medesimo), raffigurato su mattonelle di maiolica, al centro del pavimento in cotto, con un’iscrizione che ricorda l’Arcidiacono Paolo e la data di fondazione.
Nei magazzini del Castello sono stati ritrovati i resti marmorei del mausoleo completo – lapide compresa di Andrea Ortolano, uno dei giureconsulti più famosi del suo tempo, morto nel 1631 e sepolto nel mausoleo fattogli erigere dalla madre Camilla, Baronessa del Feudo Di Pasquale, accanto all’altare maggiore della chiesa del Monastero di S. Caterina. Sulla lapide è inciso lo stemma della famiglia Ortolano, ramo di Pasquale, (D’azzurro, al leone col capo rivoltato, rampante sopra una collina erbosa, movente dal fianco destro dello scudo, il tutto al naturale, il leone sormontato da una cometa d’oro, posta in fascia – ramo cadetto) assieme ad una iscrizione che riportiamo nella versione trasmessaci dal Passafiume (1645 p. 37): D.O.M. Andreæ Hortolano Paschalis Baroni, quem iuris Prudentiae laus Toga non semel ornavit, & integritate parem ad Magna Curiae Consist., & Protonotarij gradus evexit, honoris Arcem protinus assecuturū, camilla mater dolentiss. animi mestiss. posuit obiit inter honorū omniū luctus, anno etat. suae 45 à Partu Virg. 1631.